08/08/11

CONTENUTI E CONTENITORI


A volte l’osservazione umana si concentra su cose che sono in realtà dei contenitori e non si rende conto che quei contenitori non sono altro che un insieme di contenuti. Se guardiamo bene la realtà che ci circonda, scopriamo che nella maggioranza dei casi prendiamo in considerazione il contenitore ma non il contenuto.

Certo l’assegnazione di un nome al contenitore è corretta perché altrimenti non si potrebbe definire con una parola l’insieme dei contenuti. L’importante però è essere consapevoli che quel contenitore non esiste nella realtà oggettiva dell’esistenza. In effetti, tutto ciò che realmente esiste, deve essere puntiforme e necessariamente materiale. Se non è materiale, non può esistere. Sarà soltanto un sostantivo astratto.

Le nostre dimensioni sono talmente grandi che consideriamo qualsiasi oggetto come contenuto e non come contenitore. La realtà, però, è che quell’oggetto, acquisito come contenuto, non è altro che una molteplicità di altri oggetti che lo compongono.

Noi definiamo “casa” l’insieme di muri, infissi, suppellettili e altri vari oggetti in essa contenuti, ed è giusto sia così perché non potremmo perdere mezz’ora a definirla con tutti gli elementi che la compongono.

Noi definiamo “protone” e “neutrone” due cose che non sono oggetti, bensì un agglomerato di tre quark e vari gluoni che li tengono insieme. In realtà il protone e il neutrone non esistono: non sono degli oggetti che contengono dei contenuti; sono solo dei nomi che indicano un agglomerato di altre cose. Non c’è nemmeno una membrana o qualcos’altro che contenga i quark e i gluoni. In sostanza, il protone e il neutrone, come oggetti a se stanti, diversi dai loro contenuti, non esistono.

Questa è solo una riflessione sul nostro modo di percepire la realtà che ci circonda. Per esempio, quando sentiamo caldo, non è che percepiamo una cosa esistente. Si tratta soltanto del fatto che i nostri atomi, che vengono a contatto con atomi di quantità di moto superiore, per effetto della prima legge della “motodinamica” (e non termodinamica) aumentano a loro volta la loro quantità di moto e il nostro cervello, che riceve gli impulsi di questo cambiamento, interpreta l’evento e provoca in noi una sensazione di calore con tutte le conseguenze che ne derivano, come sensazione di caldo, sudorazione ecc. In sostanza il caldo e il freddo non esistono, ma sono interpretazioni di un evento in corso che potrebbe apportare un possibile danno al nostro organismo, a causa di un contatto con una quantità di moto superiore, o inferiore, alla nostra.

Se misuriamo la nostra temperatura corporea, o quella di un qualsiasi altro oggetto, la quantifichiamo in un certo numero di gradi centigradi perché la quantità di moto atomica dell’oggetto, più alta di quella del mercurio, trasmette quantità di moto agli atomi del mercurio che, aumentando il loro stato di eccitazione, aumentano di volume e perciò il metallo sale nel tubicino del termometro. Dove il mercurio si ferma, stabiliamo la temperatura in base alla gradazione impressa nel vetro del tubicino che contiene il mercurio. In realtà il mercurio sale non per la temperatura, che non c’è, ma per l’aumento della sua quantità di moto che ne determina l’espansione volumetrica.

La conferma di tutto ciò è lo zero assoluto (-273,15°C) che si realizzerebbe se la materia fosse completamente inerte. Ciò avverrebbe nel caso in cui elettroni, quark e gluoni fossero completamente inerti. Sappiamo che in nessuna parte dell’universo c’è una simile condizione e quindi lo zero assoluto è irraggiungibile. Se però, per assurdo, creassimo questa condizione, avremmo raggiunto lo zero assoluto. Non appena però mettessimo in moto gli elettroni, ecco che il nostro ipotetico termometro segnerebbe un aumento di temperatura perché il moto degli elettroni si trasmetterebbe agli atomi di mercurio che, ricevendo quantità di moto, comincerebbero a espandersi. Se poi mettessimo in moto i quark e i gluoni, vedremmo la temperatura aumentare ancora di più fino a eguagliare il movimento della materia che abbiamo messo in moto. A questo punto la conclusione è che la temperatura dipende dalla quantità di moto e non da una particolare particella che ne sia mediatrice. La temperatura (in più o in meno) dipende da una mutazione meccanica che il nostro cervello percepisce e interpreta, dandoci la sensazione del caldo o del freddo, per proteggerci dai danneggiamenti di eccessive mutazioni. La temperatura, quindi, può essere considerata un contenuto e non un contenitore. E’ un qualcosa che non è ciò che sembra.

La stessa cosa vale per l’energia. L’energia non esiste da sola. E’ uno status di qualcos’altro che è più o meno energetico. E’ lo status della materia. Se vi chiedo di mettermi in una mano una piccola quantità di “pura” energia, non potreste farlo. Dovreste darmi una qualche materia che sarà più o meno energetica secondo la sua quantità di moto. Senza un qualcosa non c’è energia e quindi non riuscireste a darmi dell’energia pura. L’energia è, per certi versi, un contenuto e non un contenitore. E’ lo stato in cui si trova una cosa.

Qual è il legame fra questi vaneggiamenti personali e la roulette?

Il legame è che anche alla roulette esistono contenitori e contenuti. Il sistema che ho pubblicato oggi si avvale di un contenitore, ma il gioco si svolge nei suoi contenuti.

Il contenitore riguarda le sestine, ma il gioco si svolge con le terzine. Il contenitore non è lo schema in cui sono raggruppate le sestine, bensì è la sestina stessa che contiene il contenuto e cioè le due terzine.

Questo nuovo gioco ricerca un disegno che si realizza nel contenuto di un contenitore e quindi rispecchia le caratteristiche di un’osservazione che va oltre le usuali apparenze, proprio come la realtà materiale ci insegna.

Anche in questo caso si tratta di una selezione del colpo con una ricerca “discreta”, e con un limitato numero di colpi. Il connubio di queste due tecniche ci permette di non subire, nello spazio e nel tempo, quell’elusività tipica dei giochi totali e continui.

CAPITOLO: TERZINE IN SESTINA
TITOLO: DOPPIAGGIO DI UNA FIGURA DI 2

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